giovedì 23 novembre 2017

Causa cambio gestore telefonico la mia connessione internet non sarà attiva almeno per altri sette giorni. Ne approfitto per studiare in maniera più approfondita quanto necessario per la puntata n. 2 sullo stemma Malipiero. Del resto non è mai stato importante per me quanti post pubblicare, ma quanto io possa apprendere nell'approntarne . Grazie a presto.

martedì 7 novembre 2017

 MALIPIERO E DE DOMINICIS IN UN CORALE QUATTROCENTESCO DEL DUOMO DI BRESCIA

Proseguiamo, in via preliminare, con il verificare come il termine mano d’aquila appaia o meno nei principali “vocabolari” araldici. Come detto il Crollalanza lo ignora (si veda post precedente). Piero Guelfi Camaiani lo riporta, introducendo però un sinonimo, anche questo non riportato dal Crollalanza (e che io non ho mai visto utilizzato): artiglio alato.  Piccola nota partigiana: il Guelfi suddetto cita anche una famiglia bresciana, Barboglio Gaioncelli come detentrice di una mano d’aquila nera sormontante un monte un monte di tre cime d’oro, il tutto in campo rosso. Ora, negli stemmari in mio “possesso”, come “Gaioncelli (abbinato o meno ai Barboglio) non ho trovato nulla, mentre ho un riscontro dello stemma Barboglio che è un semplicissimo leone d’oro in campo rosso. Non so quindi da dove il Guelfi abbia tratto la sua affermazione. Niente “mano d’aquila” nel Ginanni, mi pare, e nemmeno nell’altro vocabolario Guelfi, quello di Guelfo. Il termine è invece riportato dal pur scarno e burocratico Manno.
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Vi sono due vescovi bresciani che appaiono legati indissolubilmente in un capolavoro miniato oggi conservato in Queriniana (ms A III 11, Pontificale Romano), vale a dire uno dei corali del Duomo di Brescia: sono Bartolomeo Malipiero (padovano, operante nella città lombarda dal 1457 al 1464) e il suo successore Domenico de Dominici (1464-1478). Del secondo abbiamo già parlato con riferimento al suo monumento sepolcrale visibile in duomo vecchio (https://www.facebook.com/groups/211814768987383/search/?query=de%20dominicis oppure http://bianchetti-araldica.blogspot.it/search?q=de+dominicis). Il Corale (proveniente, insieme ad altri diciassette, dalla Cattedrale di S. Maria Maggiore de Dom e di proprietà del Capitolo della Cattedrale) è stato studiato nel ’98 da Paola Bonfadini la cui tesi è stata pubblicata in un libro intitolato I libri corali del Duomo vecchio di Brescia. Da questo testo apprendiamo che i manoscritti risultavano essere già in parte redatti nel 1463 (vescovo il Malipiero) e decorati tra il 1471 e 74 (vescovo il Dominici, che diede nuovo impulso alla decorazione, tramite la donazione avvenuta nel primo dei due anni citati). Purtroppo, a dimostrare ancora una volta come l’araldica sia spesso snobbata anche in studi che la riguardano da vicino e di cui è (dovrebbe essere) parte integrante, già alla quinta immagine (unica a tema araldico, se non erro) dell’opera della Bonfadini si registra un errore marchiano: la didascalia parla di stemma De Dominicis, ma l’arma è quella dei Malipiero (l’errore è ripetuto nell’indice). Forse si è dato per scontato che quella prevalente di numero nelle pagine miniate (si legga più avanti), si riferisse al vescovo che per più anni si occupò della produzione di quest’ultimo. Tuttavia, sarebbe bastata un’occhiata a qualche stemmario, anche moderno, reperibile nella stessa Queriniana, per sanare il fraintendimento. Ad ogni buon conto nel capolavoro in questione, che poi, per mia fortuna, ho consultato direttamente, appaiono (se non ne ho saltati alcuni) quattro stemmi De Dominicis e nove Malipiero, quest’ultimo variamente rappresentato dal punto di vista cromatico (l’arma corretta prevede un d’argento, alla mano d’aquila di nero, si vedano foto 1-2). Considerato che il titolare dello stemma con la suddetta mano d’aquila visse soltanto per un anno dall’inizio della redazione del libro, non so dire il perché di questa sproporzione a suo vantaggio, non so dire cioè se lo stemma Malipiero appaia più volte perché tra il 1463 (anno di inizio dei lavori) al 1464 (anno di morte del Malipiero) si fossero già eseguite numerose iniziali con il suo emblema araldico (sparse per tutto il libro?) o se dette rappresentazioni risalgano al periodo successivo e vogliano soltanto “ricordare” il prelato che approvò l’inizio dell’esecuzione artistica. Metto comunque tali stemmi nella mia carrellata (30 immagini), alternati a pagine prive di testimonianze araldiche ma talmente meravigliose che non me la sono sentita di non condividere.