giovedì 1 dicembre 2016

PERUGIA CHIESA DI SAN DOMENICO (31 LUGLIO 2016) PARTE 2 DI 2 

PER L'INTRODUZIONE GENERALE A QUESTO LAVORO SI VEDA LA PARTE 1 DI 2 PUBBLICATA ANCH'ESSA L'1 DICEMBRE 2016


Carissimi, a questo giro funziona così: ho cercato di attribuire tutti gli stemmi trovati nella chiesa di San Domenico in Perugia, utilizzando il Blasone Perugino di Vincenzo Tranquilli (XVI sec.) (TR in seguito) e, solo in caso di dubbi, il BSB cod. icon 274 (“Fugger”: Insignia Veneta, Mantuana, ecc.) (F274 in seguito) . Una mano inattesa, quanto sostanziosa, trovata proprio mentre stavo concludendo il lavoro, l’ho trovata in Descrizione storica della chiesa di S. Domenico, di Cesare Orlandi (stamperia di Mario Reginaldi, Perugia, 1778, https://play.google.com/books/reader?id=0bqMAaD-h54C&printsec=frontcover&output=reader&hl=it&pg=GBS.PP5) (OR in seguito).

21-22 BEVILACQUA-ALDOBRANDINI Nella cappella di S. Lorenzo o della Cura si conserva questa iscrizione che l’OR riporta diligentemente (OR pagg. 60-61/95). L’autore dice che “in una parete di questa Cappella si legge in marmo scorniciato di color rosso inciso questo epitaffio del celebre Bonciario; [… segue trascrizione]. L’OR spiega che il cardinale citato in fine di testo “era Bonifazio Bevilacqua (http://www.araldicavaticana.com/b042.htm)  il quale venne nel 1500 Legato in Perugia con il sig. Conte Luigi suo fratello, al quale, essendo morta la Figlia chiamata Bianca, fece fare la suddetta iscrizione”. Nel secondo e quarto quarto dell’inquartato sormontante l’epigrafe, si riconosce il celeberrimo “semivolo” dei Bevilacqua. Gli altri due quarti caricano sstemma degli Aldobrandini di Siena. Il Cardinale infatti è in realtà un Bevilacqua-Aldobrandini, nucleo trasferitosi da Verona a Ferrara nel 1430 in occasione delle nozze di famiglia. In quell’anno la famiglia stessa fece costruire nella città romagnola quello che oggi è conosciuto come Palazzo Bevilacqua-Costabili. Anche il card. Bonifacio nacque a Ferrara.      
Tornando al monumento fotorgafato, il  terminus post quem  è dato dalla data di morte incisa, vale a dire il 1601. Poiché di certo il monumento non può esserle precedente, è così spiegato il silenzio del TR, che compila il suo stemmario nel secolo precedente.



23-24-25 26-27-28-41 BAGLIONI (E PIETRO BAGLIONI)
Nella cappella di S. Pietro è questo altare, il cui quadro è opera di Giovanni Bonaventura Borghesi di Città di Castello, il cui committente fu il padre inquisitore Paolo Ottaviani, nel 1705 (OR pag. 63/95). L’OR stesso tace dei due stemmi Baglioni posti ai piedi delle colonne e di quello rintracciabile sulla lapide di Pietro Baglioni. Il fatto che l’autore non dica nulla di quest’epigrafe suona molto strano, visto la diligenza con cui ha riportato tutte quelle che ha trovato. Non regge stavolta la scusa “cronologica”. L’OR scrive nel 1778, la data sull’iscrizione è 170(8?). http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/baglioni.html









29-30-31-32 BENIINCASA            
L’OR (pag. 64/95) trascrive inizialmente solo l’epigrafe del ‘400 (quella piccola), dicendo che era posta all’ all’’interno della Cappella di Maria Santissima del Rosario, sotto al quadro di S. Cecilia, mentre della lastra più grande, risalente al 1696, afferma (OR pag. 68/95) che è posta “in faccia alla Cappella del Rosario, in un pilastro”, dove è tutt’oggi. Evidentemente la lapide più antica è stata trasportata e posta sotto al monumento più recente, in epoca successiva, probabilmente quando quest’ultimo è stato allestito.  Poi l’autore dà conto di un litigio tra i Benincasa e i Fabbrizi (dando ragione a questi ultimi sulla base delle evidenze riscontrabili dal “registro del P. Maestro Baglioni a pag. 14”) per il possesso della Cappella degli Apostoli (“che fu pretesa dai Signori Benincasa, […] ma era dei Fabbrizj”). L’OR ubicava anche in questa cappella di Maria SSma del Rosario, "la ben ornata lapide coll’arme di casa Colonna sotto ed in mezzo a caratteri d’oro questa iscrizione” (si veda il commento a foto 14-15-16). Visto il periodo di costruzione del monumento, inutile dire che il TR si riferisca allo stemma annesso alla lapide quattrocentesca o ad altro testimone in Perugia). Il Crollalanza, come il TR. ci dice che lo stemma era di rosso alla banda d’oro, ma aggiunge anche che si estinsero nella prima metà del ‘700 (la seconda lapide fotografata risale come detto al 1696 e quindi a poco prima dell’estinzione della famiglia).  Notizie su Alessandro Benincasa (titolare di questa lapide) e ancora sulla vicenda che vide la sua famiglia in contrasto con i Fabrizi per il possesso della Cappella del Rosario, si trovano in OR a pagg. 67-68/95 (dove si trova anche la trascrizione della lapide più recente e più grande).        
http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cateriniansideibenincasa.html Il TR. riporta questo stemma sotto triplo nome di famiglia: Ansidei, Benincasa e un terzo nome che il sito della Estense, al link qui sopra, indica come Caterini. Non sono d’accordo con questa interpretazione della grafia del TR.







33-34-35-DE COLIS (EX “COGLIONI”)/CANTUCCI e 36 DE COLIS
Non sono solo i Colleoni di Bergamo, quindi, ad aver “ripulito” il cognome in epoche più recenti. Mai avrei pensato nel leggere “De Colis” però, che anche qui ci si potesse trovare di fronte ad una famiglia Coglioni. La cosa che più mi interessa (e che mi piacerebbe fosse sviluppata) è notare che ancora in pieno Cinquecento, non si percepisse come offensivo, volgare o “vergognoso” lo scrivere o il pronunciare certi cognomi. La prova è infatti che il TR (http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/coglioni.html) usa tranquillamente il cognome “Coglioni” per indicare i titolari di questo stemma (parte destra araldica del partito) ed è infatti grazie a lui che mi è stato possibile ricostruire questo passaggio. Vedere per credere. Altra arma, sempre seicentesca, presente in San Domenico, è accompagnata dalla scritta De Colis, il che parrebbe confermare che nell’arco di un centinaio d’anni l’uso del primo cognome fosse completamente decaduto (a meno che i membri di tale famiglia non avessero iniziato da molto prima a sostituire tale primo cognome con la forma edulcorata, mentre chi non ne faceva parte continuasse a usare il precedente: tutti bravi a scrivere “Coglioni” quando si tratta del cognome di altri…). Ipotesi inverificabili a parte, mi pare comunque di poter affermare che se il Colleoni - dicono - andasse fiero di cotanto nome di famiglia, sembra che i De Colis non lo fossero poi così tanto…).  
A questo punto è legittimo chiedersi cosa siano le due generiche “palle” che gli artigli dell’aquila stringono così gelosamente… (va detto che il Tr. stesso le indica come “sonagli”: io posso solo aggiungere che dall’esame dei due testimoni da me fotografati, non sarei mai giunto a tale conclusione. Come indica anche l’OR (pag. 65/95) comunque, il monumento in questione è “il Deposito della Signora Elisabetta Cantucci ne’ Coli”. ELISABETHA CANTVTIA PATRITIA PERVSINA FAMILIAE DE COLIS, recita l’iscrizione che Ubaldo de Colis volle per la moglie, defunta nel Dicembre del 1647 a ventisette anni (l’opera risale all’anno successivo). Poiché nell’iscrizione si parla della vicenda del crollo del 1614 e di una colonna crollata pure lei, che conteneva lo stemma con l’aquila dei De Colis, ho chiesto aiuto al Prof. Casanova ,  del GAFO Quinzano, che  qui ringrazio di cuore, per la traduzione integrale dell’epigrafe. Con la consueta gentilezza, competenza e rapidità questi mi ha risposto e quindi grazie a lui posso inserire il tutto  alla fine di questo commento. Di certo, se il TR vide arma Coglioni/De Colis in San Domenico e non altrove, vide quella crollata di cui si fa menzione sopra e non quella attuale (risalente al 1648. Né poté vedere l’altra da me fotografata, in quanto, nonostante un banco occulti le ultime cifre, si legge chiaramente (con suspense sull’ultima cifra, come nei peggiori film) che essa fu realizzata almeno dal MDCL… (1650) in poi.                             (http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cantucci.html)

Deo Optimo Maximo
Elisabetha Cantutia patritia pervsina familiæ de Colis
propagandæ adivncta annum Agens xxvii. nono kalendas decembres
mdcxlvii. in ipso magis viridi ivventæ flore deflorvit. Tv
tamen mortalis vitæ periodvm tam propere eam absolvisse
ne mireris, lector: siqvidem alta etiam hvivs ædis moles
contra omnem, vt videbatvr, vetvstatis inivriam extrv-
cta anno. mccciii. pavca sæcvla stetit: nam anno mdcxiiii rv-
inam fecit, et cvm aliis, qvibvs templvm innitebatvr, vna
collapsa fvit colvmna, qvam Colla Gens erexerat, provt
aqvila gentilitivm eivs stemma inscvlpta marmori eidem
inserto ad illvd vsqve temporis testabatvr, Binas igitvr
hoc in templo iacentes conspicis eivsdem stirpis colvmnas,
lateritiam vnam svo sepvltam casv, hvmanam alteram hoc
tvmvlatam saxo, qvæ plvres enixa liberos longe stabiliorem,
qvam alia, reliqvit prædictam domvm, et ivre qvidem.
namqve illa ab hvmano artifice.
hæc vero ab OPIFICE DEO constrvcta fvit.
Vbaldvs de Colis patritivs pervsinvs mvltis cvm lachrimis
Conivgi Amantissimæ posvit. Anno. Domini. mdcxlviii.


A Dio ottimo massimo
Elisabetta Cantutia, patrizia di Perugia, congiunta a propagare la famiglia de Colis, a 26 anni, il 23 novembre 1647, proprio nel fiore più verde della gioventù sfiorì.
Tu, lettore, tuttavia non stupirti che lei abbia assolto così in fretta il corso della vita: dal momento che anche l’alta mole di questo santuario, costruita - come sembrava - contro ogni ingiuria dell’antichità l’anno 1303, rimase in piedi per pochi secoli: infatti l’anno 1614 precipitò, e insieme alle altre strutture su cui il tempio si fondava, collassò una colonna che aveva eretto la famiglia Colla, come l’aquila, suo stemma gentilizio, scolpita sullo stesso marmo fino a quel tempo attestava.
Pertanto vedi giacere in questo tempio due colonne della stessa stirpe: una di mattoni, sepolta dalla sua caduta; l’altra umana, tumulata in questa lapide, la quale, avendo partorito più figli, lasciò la suddetta casa di gran lunga più stabile dell’altra, e certo a buon diritto: infatti quella da un artefice umano, questa invece da Dio creatore fu eretta.
Ubaldo de Colis, patrizio di Perugia, con molte lacrime pose alla moglie amantissima nell’anno del Signore 1648.                                                                                                                                   
 (trad. a cura del Prof. Casanova)






39 40 STROZZI/TRANQUILLI
Atmosfera fiorentina per questo monumento funebre che Pietro Strozzi dedicò alla moglie defunta, Camilla Tranquilli e di cui l’OR (pag. 68-69/95)  non riporta che l’iscrizione, senza alcun commento particolare, se non che  trattasi di “Deposito non compito”.  Il TR. (lo stemmario del quale non è datato in maniera precisa, ma solo con un generico “XVI sec.”) tace, ma tace perché le armi non sono genuinamente perugine o perché il monumento è stato costruito successivamente alla compilazione della sua opera? Così fosse, sarebbe interessante notare che essa abbia visto la luce prima del 1575, data che appare incisa nella lapide. Poiché questa non è agevolmente leggibile se non con ingrandimento della foto, acquista valore la trascrizione dell’OR, che invito a leggere, dalla quale si evince come Camilla, sia morta il 4 Settembre 1575, di parto, alla giovanissima età di ventidue anni. A piangerla, come detto, il marito Pietro Strozzi “FLORENTINVS PONTIFICIVS PERVSIAE, ET VMBRIA QUESTOR”.                                              
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196

39 40 STROZZI/TRANQUILLI
Atmosfera fiorentina per questo monumento funebre che Pietro Strozzi dedicò alla moglie defunta, Camilla Tranquilli e di cui l’OR (pag. 68-69/95)  non riporta che l’iscrizione, senza alcun commento particolare, se non che  trattasi di “Deposito non compito”.  Il TR. (lo stemmario del quale non è datato in maniera precisa, ma solo con un generico “XVI sec.”) tace, ma tace perché le armi non sono genuinamente perugine o perché il monumento è stato costruito successivamente alla compilazione della sua opera? Così fosse, sarebbe interessante notare che essa abbia visto la luce prima del 1575, data che appare incisa nella lapide. Poiché questa non è agevolmente leggibile se non con ingrandimento della foto, acquista valore la trascrizione dell’OR, che invito a leggere, dalla quale si evince come Camilla, sia morta il 4 Settembre 1575, di parto, alla giovanissima età di ventidue anni. A piangerla, come detto, il marito Pietro Strozzi “FLORENTINVS PONTIFICIVS PERVSIAE, ET VMBRIA QUESTOR”.                                              
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196




43) ANONIMO (VERDI?)
Qui il TR riporta l’unico stemma simile a quello da me proposto. Difficile si tratti dello stesso, visto che il compilatore indica chiaramente che si tratti di palle e non di fiori (cinquefoglie?) come si vede invece nella foto. Il TR indica lo scaglione con un termine simile a “tramizi” (sempre al plurale -tranne forse a pagg. 16 e 18 dove forse starebbe meglio un “travirsa- anche se presente singolarmente: evidentemente considera tale figura come l’unione di due elementi, i “tramizi” appunto, se diamo per buona la mia congettura)  o “sbarra a tramizi”. Chi voglia correggere questa mia ipotesi di lettura tutt’altro che solida, potrà sfidare la grafia del TR, scaricando il PDF relativo dal sito dell’Estense, e consultare le pagine (digitali): 15 (ma forse non c’è la descrizione dello stemma)-16-18-26-31-(nella 36 non lo indica, lasciando dei puntini di sospensione)  38-39-42.




DA 44 A 59: ALTRI STEMMI O EMBLEMI ARALDICI PRESENTI IN SAN DOMENICO DI PERUGIA (tra cui ROSSI SCOTTI ANSIDEI, VALENTINI)

















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