mercoledì 11 novembre 2015

ARALDICA TRENTINA- RIVA DEL GARDA (TN) POST 5 DI 7.
Stemmi: 17) SPAUR, 18) THUN, 19) TIEPOLO, 20) VÖLS-COLONNA, 21) ZANARDI
17 () SPAUR
Argomento che vale la pena di trattare a parte. Post già pronto che pubblicherò quasi subito dopo questo.

18 (foto 1-2) THUN
Da ciò che resta di questo stemma (foto 1), (soprattutto dall’agnello vescovile presente nel secondo quarto) e dallo stile della stessa, Riva Araldica (cit., pag. 160) attribuisce la sua paternità a Sigismondo Alfonso di Thun, principe vescovo di Trento e Bressanone dal 1668 al 1677. In foto 2) metto qui uno stemma Thun, da me fotografato nell’Estate 2011, nella chiesa di S. Spirito in Laces (BZ). La banda, per quanto qui si direbbe rossa, è invece d’oro.






19) (foto 3) TIEPOLO
Questo stemma della celebre famiglia appartenente al patriziato veneziano, testimonia la presenza di Bernardo Tiepolo, come provveditore in Riva dal 1469 al 1470. Insieme ai già visti stemmi Contarini e Marcello (si vedano post precedenti riguardanti le testimonianze araldiche in Riva, alle voci relative), è l’unica arma rimasta a testimoniare la dominazione veneziana in Riva (Riva Araldica, cit. p. 142) Questo è presente all’esterno di Palazzo Pretorio. Non tutti sanno che tale arma-Tiepolo, non è l’originaria, che constava in un castello a due torri argento in campo azzurro, ma quella, immaginiamo diffamante, riservata alla famiglia, dopo le vicende della trecentesca congiura dei Querini-Tiepolo, recante il corno di capra (variato di foggia in certi casi a tal punto che viene confuso con un berretto frigio); così almeno stando a quanto riportato in “Delle inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate da Emmanuele Antonio Cicogna cittadino veneto” (1830). Più in basso era scolpito il leone alato di Venezia, che fu scalpellato da Giorgio Neideck (il quale risparmiò lo stemma gentilizio in questione, però…) per far posto alla sua arma una volta riconquistata la cittadina (si vedano post precedenti riguardanti le testimonianze araldiche in Riva, alla voce relativa).

20) (foto 4-5) VÖLS-COLONNA
La famiglia, proveniente da Castel Colonna, si imparentò con le più importanti famiglie del principato (Cazuffi, Lodron, Thun, Cles, ecc.). Lo stemma di Riva appartiene al capitano della Rocca, Egidio, figlio di Michele e Regina Cles, sorella di Bernardo, e appare immediatamente sopra a quello del nipote, sulla Porta San Marco (foto 4). Una curiosità: l’inquartamento con la colonna avvenne nel 1505 ad opera del barone Leonardo, per poter vantare origini romane, con l’ovvio richiamo araldico alla celebre famiglia Colonna (Riva Araldica, cit. pag. 148). Infatti, il codice della BSB, cgm 9460, che risale al 1545-1548, e che rappresenta un “libro d’onore” della famiglia Fugger, riporta uno stemma Völs-Colonna, già inquartato come sopra descritto. Da questa fonte traiamo pure gli smalti. Si noti pure l'inversione dei quarti, rispetto allo stemma di Riva.



21) (foto 6-7-8) ZANARDI
Tutti e tre questi stemmi (foto 6-7-8) si trovano murati in Piazzetta Craffonara, forse provenienti dalla chiesa arcipretale, forse dal cimitero. Non sono riconducibili a personaggi particolari della famiglia, già conosciuta in Riva, proveniente da Limone, sin dal ‘400. Membro più illustre fu Giuseppe di Donato, nato a metà Cinquecento, dedito alla vita militare sin da giovanissimo, al servizio di Alessandro Farnese. Dal 1587 al 1626 gravò su di lui una falsa condanna a morte per omicidio, che gli costò il rifugiarsi nei suoi possedimenti di Riva, visto che, oltre il rischio dell’esecuzione della pena se fosse rimasto in territorio veneto, le sue case di Limone furono rase al suolo. Dopo un altro arresto di circa un anno, a causa delle tensioni tra la contea del Tirolo e il principato vescovile (all’epoca, tra il 1616 e 1617, lui era Capitano della Rocca di Riva), visse in Riva con la famiglia (aveva sposato nel 1606, Lidia, damigella della principessa Orsini, prima moglie del conte Gaudenzio) sino al 1630, quando si rifugiò in località Dom per sfuggire al contagio della peste. Invano. I suoi familiari morirono là, e lui, già malato e rimasto solo, ritornò a morire nella “sua” Rocca, dove fu trovato cadavere due giorni dopo, nelle stalle. Erede fu il nipote Carlo, anch’egli capitano della Rocca per trent’anni ininterrotti (1632-1662). Questi fu l’ultimo del suo ramo, che confluì per volontà testamentaria ai Martini, tramite suo nipote Carlo Giacomo, che ereditò anche lo stemma (Riva Araldica, cit., pagg. 150-151). Nel già incontrato stemma Martini, e più precisamente nello scudetto sul tutto, compaiono tre gigli, unico probabile richiamo a quanto appena detto (si vedano post precedenti riguardanti le testimonianze araldiche in Riva, alla voce relativa).



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