martedì 13 gennaio 2015

URBINO- LE IMPRESE MONTEFELTRO-10) SFORZESCHE:
10.3 (di 3): IL MORSO
La frase di Antonio Conti, ripresa da
http://www.iagiforum.info/viewtopic.php… e da noi parzialmente riportata nel topic sui tizzoni ardenti e secchi (10.2 di 3) al completo suona così: “In conclusione le riporto un caso "urbinate" che potrebbe avere a che fare con i compassi dei Galuppi.
In quel di Urbino, molti studiosi d'arte e di storia dell'arte, ma non solo, hanno spesso indicato un'impresa usata da Federico da Montefeltro come l'impresa "delle spirali" perché vedevano rappresentate due spirali legate assieme ad un capo e terminanti nell'altro con delle punte divaricate a mo' di compasso. Qualcuno si è anche sbilanciato a dare spiegazione del significato di queste spire .
Si trattava invece dell'impresa Sforzesca cosiddetta "del morso", donata a Federico o adottata dallo stesso visti gli strettissimi rapporti che lo legavano a quella famiglia a partire dai due fratelli Francesco (poi duca di Milano) ed Alessandro (poi signore di Pesaro).
Per quanto l'impresa non nasca per stare dentro ad uno scudo, non mancano esempi di imprese rappresentate entro gli scudi come ornamenti architettonici (ma questo è un'altro discorso...). Tale frase infatti si riferiva propriamente all’impresa che qui trattiamo, quella del “morso”. Al Conti non poteva certo sfuggire la derivazione “milanese” della stessa e infatti correttamente lo afferma. La Guerreri la fa risalire a Giangaleazzo Visconti
http://www.storiadimilano.it/arte/imprese/Imprese05.htm, ove si apprende anche l’anima dell’impresa stessa: “Ich vergies nicht”, ma altrove dà prova di una ripresa “sforzesca” della medesima
(http://www.storiadimilano.it/arte/imprese/Imprese07.htm, quando parla della fontana del castello sforzesco in Milano).
Chi invece ancora una volta tace in tal senso è il Ceccarelli, che, come accaduto per le precedenti imprese sforzesche riprese dal duca di Urbino, per l’appunto tratta anche questa come impresa originale della corte urbinate. Egli infatti afferma che le moraglie attaccate alle redini (così le definisce lui: le moraglie sarebbero” i freni boccali seghettati a spirale da collegarsi al morso e da attaccare alle redini…” –corsivo dell’autore, nota mia-) erano state adottate da Federico, con il motto BELLI FVLGOR ET PACIS AVCTOR per ribadire il concetto, caro al duca, di pax armata: ovvia l’”allegoria” del cavallo da guerra, governato e frenato oppure lanciato al galoppo nella battaglia tramite il sapiente uso delle moraglie (alias rispettivamente della diplomazia o della guerra). Sicuramente tale spiegazione del Ceccarelli è del tutto coerente, ma, come detto, manca anche qui il richiamo all’origine (almeno del “corpo” dell’impresa) all’ambiente sforzesco a cui all’epoca quello urbinate era legato a doppio filo. Interessante l’etimologia di “moraglia” riportata dall’autore: essa deriva dal francese “moraille”, a sua volta pervenuto dal latino “mora” che significa “indugio, sosta, ostacolo impedimento”.

la foto postata per prima è tratta da http://www.storiadimilano.it/arte/imprese/Imprese05.htm







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