venerdì 21 novembre 2014


URBINO- LE IMPRESE MONTEFELTRO-2):  LE FIAMMELLE (DIVISO IN 2/A E 2/B)

 L’impresa delle fiammelle è quella che senz’altro mi è apparsa come la più suggestiva, non tanto “vedendola”, ma “leggendone”. Tento di spiegare perché.


 

2/B

A pagina 148 (e seguenti) del già citato Piero e Urbino, Francesco V. Lombardi, nel suo UN MISTERIOSO SIMBOLO DI FEDERICO NELLO STEMMA DI PIERO DELLA FRANCESCA, riprende molti aspetti già trattati nel nostro post 2/A (al quale, quando sarà il caso, rimanderò) ma anche altri di nuovi, su cui soffermeremo qui la nostra attenzione.  Richiamo l’attenzione di tutti però a quanto Antonio Conti ha evidenziato nel suo commento relativo al post 2/A e alla sua tesi, del tutto “rivoluzionaria” rispetto a quelle là da me riportate, tesi che appare più convincente e meno fantasiosa delle precedenti, dai punti divista araldico e storico e che, al di là della diversa attribuzione dello stemma presente nel fregio con il grifo, scinde del tutto le fiammelle in esso presenti, dalle fiammelle intese come impresa e riscontrabili un po’ in tutto il Palazzo Ducale (p. 231).
Com’è bene che accada ognuno trarrà  le conclusioni da lui ritenute più opportune. A me invece, come sempre, sta a cuore fornire al “profano” o comunque al non specialista (categorie in cui come è notorio mi inserisco in pieno) la visione più completa possibile di quanto si dica o si pubblichi su un determinato argomento.

Prima che il Prof. Borgia, a me carissimo, mi bacchetti idealmente, evidenzio però il mio dissenso verso il termine “simbolo” anziché “emblema” utilizzato nel titolo dal Lombardi. A chi interessasse la differenza rimando agli atti del convegno tenutosi a Como nel Giugno 2013 (visibili in ARALDICA TV, “Introduzione all’araldica” di Luigi Borgia AIH) o a quanto da me indegnamente ripreso nel mio “Signa” sull’argomento (per chi ne fosse interessato, potrei pubblicare lo stralcio relativo).

Il Lombardi, dopo aver ripreso in maniera del tutto simile a quelle già esaminate, il discorso delle fiammelle presenti sull’alcova, e quello sul fregio del caminetto con il giovane Montefeltro e il grifone, esegue un minuzioso elenco in cui tale “divisa” compare nel Palazzo Ducale. Sin qui nulla di nuovo: compagnia della Calza, Accesi, Federico giovinetto, FC che si commuta in FD trattandosi “solo di far chiudere il tratto aperto della c con un’asta verticale e leggermente spezzata all’indietro”. Cose già viste in 2/A e commentate/confutate come detto da Antonio Conti.
Il Lombardi aggiunge però un’altra interpretazione: quella dantesca. Citando il Micelini Tocci e il suo Introduzione a il Dante urbinate della Biblioteca Vaticana, l’autore si dice certo che un “codice di Dante” (sic) fosse presente alla corte di Urbino sin dal 1352 “ e certamente c’era il culto per quel grande personaggio che fu il Conte Guido da Montefeltro (Inf. XXVII) che Dante aveva poeticamente trasfigurato in una lingua di fiamma”. Un rimando che a me pare assai vago, ma che io riporto pari pari.  Come vago e superato dalle appena apprese tesi di Antonio Conti (che identifica l’animale chimerico come rimando diretto al Piccinino), pare il voler identificare il grifone cavalcato dal putto non solo  come “sintesi” tra l’animale “più perfetto” in cielo e il più potente della terra, cioè tra aquila e leone, ma anche come binomio Urbino/Venezia, cosa che doveva rendere l’emblema del fregio “di grande utilità ogni qualvolta i rapporti con la Repubblica Veneta venivano ad irrigidirsi  a causa della leale, costante adesione del signore di Urbino verso il re di Napoli e verso il papa: poteva sempre ricordare e mostrare agli ambasciatori veneziani l’antico legame con loro città”. Immagino che le doti diplomatiche del Duca andassero ben oltre questo e non dovessero far ricorso ad un fregio in pietra…             
L’elemento senz’altro più interessante, e -anche dal punto di vista strettamente araldico- tutto da verificare,   che il Lombardi introduce       è la supposta “devoluzione”  federiciana  (come secondo l’autore accadde anche per il Paltroni e “forse anche con Ludovico Odasi”, ma anche tra Galeazzo M. Sforza e Giovanni Bentivoglio: gli stessi Bentivoglio che cita Antonio Conti nel suo saggio su Nobiltà –si veda link in suo commento a 2/A-?)a Piero della Francesca, e delle fiammelle e del grifone. Qui però mi rimetto del tutto a chi ne sa di più, perché la pessima foto tratta da “Piero e Urbino” non mi permette nemmeno di verificare se si tratti davvero di fiammelle e soprattutto se la presunta “testa e collo di grifone” sia tale o non appartenga piuttosto ad un pennuto.  Il Lombardi comunque cita uno stemma sul sepolcro dell’artista così intimo a Federico e “quello di un camino a Sansepolcro” quindi non dubito della sua interpretazione araldica. Egli conclude così il suo saggio: “Dunque le fiammelle e il grifone del fregio di un camino scolpito con l’immagine di Federico di Montefeltro ritornano nello stemma nobilitato di Piero della Francesca . Non può essere un caso.”.  

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