giovedì 3 luglio 2014

Duomo di Seravezza (LU)
Copio l'immagine e riprendo il post recentemente inserito dall'amica Silvia Boldrini, nel Caffè Araldico (https://www.facebook.com/groups/211814768987383/) sicuro che non ne avrà a male. Il bello stemma da lei proposto (fig. 1) infatti permette di aprire una piccola disquisizione legata strettamente alla scienza del blasone, cioè alla descrizione in termini araldici delle armi. Più propriamente, esso permette di introdurre il concetto di "a mò di" che per la prima volta ho incontrato nel denso libretto "Uno storico dual...
ismo: l'araldica di Santa Severina tra arcivescovi e feudatari" (ad es. a pag. 13, stemma Berlingeri) di Maurizio Carlo Alberto Gorra, che quindi è anche l'inventore di questa nuova locuzione blasonica. In effetti, questo neologismo permette di risolvere un problema che gli stemmi del tipo di quello qui in foto pongono e cioè: è vero che la pezza posta "a cavallo" ("attraversante") della partizione, cioè della divisione del campo in -nel caso proposto- azzurro e oro non è una fascia (quindi orizzontale; fig. 2), ma è vero pure che essa è assai più "abbassata" verso l'orizzontale rispetto ad una normale banda (fig.3), e conseguentemente anche la partizione che essa finisce per dettare non è certo un troncato (cioè la divisione del campo in senso orizzontale; fig. 4)), ma è "meno" di un trinciato (fig. 5), che dovrebbe seguire invece la diagonale dello scudo. La geniale ideazione del termine "a mo' di" risolve a nostro avviso il problema. Nella fattispecie qui ci troviamo di fronte ad una "banda a mo' di fascia" e a un "trinciato a mo' di troncato". In tre fasi separate inserisco qui sotto, dopo le foto, altrettanti miei tentativi di blasone, riveduti e corretti dallo stesso Maurizio C. A. Gorra, ideati alla luce di quanto detto sopra. Il mio preferito è il primo e in un quarto commento illustrerò pure le mie personalissime ragioni di questa scelta. Non sono previsti premi per chi sia arrivato sin qui e per chi voglia leggere i commenti di cui sopra.












 

trinciato a mo' di troncato da una banda a mo' di fascia d'argento; nel 1° d'azzurro, a tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro; nel 2° dello stesso, al monte all'italiana di tre cime di nero.
 
trinciato a mo' di troncato: nel 1° d'azzurro, a tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro; nel 2° dello stesso, al monte all'italiana di tre cime di nero. Alla banda a mo' di fascia d'argento, attraversante sulla partizione
 
trinciato a mo' di troncato d'azzurro e d'oro, alla banda a mo' di fascia attraversante d'argento, accompagnata in capo da tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro, e in punta da un monte all'italiana di tre cime di nero.
 
 
Come promesso: mi piacciono di più l'1) e il 2) e tra questi l'1) per l'originalità di ...dire subito da cosa è trinciato lo stemma e la conseguente introduzione del "da" (che spiega appunto il "da cosa è trinciato"). Questo blasone evita secondo me di dover "tornare" alla fascia, in fine di descrizione, allorquando si deve spiegare che essa attraversa e dove attraversa (vedi blasone 2). La cosa è bensì scongiurata anche con il blasone 3) ma in esso si deve ricorrere alla locuzione accompagnata che mi pare (ma dico mi pare eh) tolga un po' di "dignità" alle altre figure, restituendone forse troppa alla pezza centrale che invece non è l'assoluta protagonista dello stemma, cosa che secondo me invece sarebbe stata in un campo pieno e non spezzato in due smalti. Qui invece proprio il gioco dei suddetti smalti del "trinciato a mo' di troncato" è parimenti importante e ciascuna figura presente nelle due sezioni così formate (quindi le stelle e il monte), vive pertanto di vita propria, per così dire, e non da semplice accompagnatrice di bande (che non è termine musicale...) .



Nessun commento:

Posta un commento