sabato 26 luglio 2014

SENIGALLIA
Nei giorni scorsi, capitando per caso proprio sotto a Porta Mazzini, in Senigallia, ho potuto scorgere proprio al centro della volta lo stemma cardinalizio che si può vedere in foto. Facendo alcune ricerche sul web, penso si potrebbe trattare dell'arma del Cardinal Ludovico Merlini. Nato a Forlì nel 1690, fu creato Cardinale da Clemente XIII (Carlo di Rezzonico della Torre) il 24 Settembre 1759. Si noti che la data nella foto da me scattata ...recita "1760" (lo stesso anno in cui, per inciso, il Cardinale ricevette il titolo* di Santa Prisca). Penso che "l'aggancio" storico tra Senigallia e il prelato possa essere rappresentato dal fatto che già quattro anni prima, cioè a partire dal 1756 (e fino proprio al 1760) egli fu Presidente della Delegazione Apostolica di Urbino e Pesaro. Anche se non ho trovato tracce dirette di un passaggio del Merlini in quel di Senigallia ho scovato in "Istoria delle pitture in majolica fatte in Pesaro e ne' luoghi circonvicini" Di Giovanni Battista Passeri (google books) che il Cardinal Stoppani (predecessore del Merlini medesimo alla presidenza della Delegazione Apostolica di Urbino e Pesaro) si prodigò far ripartire l'arte della maiolica in quel di Pesaro, e che toccò proprio al Merlini, nel 1757 dare materialmente il via all'esecuzione di tale progetto e che, ancora, il suddetto prelato non si risparmiava certo in fatto di visite per ciò che attiene al corretto svolgimento delle fasi lavorative. Chissà (e chissà se qualcuno lo confermerà) che proprio nel suo ultimo anno di Presidenza alla Delegazione di cui sopra qualcuno volle ricordare una sua visita in quel di Senigallia, con lo stemma che ora porto alla vostra attenzione (sempre che si confermi sia il suo).
* i titoli cardinalizi, apprendo, sono chiese di Roma il cui nome viene legato ad un cardinale nel momento della creazione di quest'ultimo), ma ammetto la mia ignoranza per cui se qualcuno vorrà correggere quanto detto sopra è ovviamente ben accetto.





AH...PS: il colore scuro del volatile potrebbe far pensare ad un merlo "sorante" (cioè che sta per spiccare il volo) che cima la torre proprio posando sui suoi merli, creando quindi un "doppio effetto parlante" .

giovedì 24 luglio 2014




Il mio amico Pietro Bonardi mi ha inviato questa foto (lo fa sempre quando è in giro) (foto 1). Si tratta dello stemma presente sul palazzo Monti della Corte in Nigoline di Cortefranca. Sia i Monti che i Della Corte erano nobili patrizi presenti nel Nobile Consiglio di Brescia sin da prima della "serrata" del 1488. I Monti ereditarono "eredità e memorie" dei della Corte (che il Guerrini vuole discendenti degli Oldofredi d'Iseo e dei Suardi) aggiungendone "il cognome e talvolta lo stemma" (il virgolettato è tratto da: A.A. Monti della Corte, Il patriziato bresciano, Geroldi BS). Altrove, l'autore citato ci informa che "dopo l'aggiunta del cognome Della Corte autorizzata con D.R. del 25 Giugno 1925, lo stemma Monti è spesso partito o inquartato con quello dei della Corte d'Iseo*" (*poche pagine più avanti l'autore stesso ripete la stessa frase a parti inverse e cioè affermando che dopo l'aggiunta del cognome Monti a quello Della Corte, ecc.ecc. In tal caso però la data dell'Autorizzazione slitta di un anno esatto:il 25 Giugno 1926.) Nell'esemplare di Nigoline, lo stemma appare proprio partito, in destra araldica (sinistra per chi guarda) lo stemma parlante dei Monti (con il volatile stante su un monte all'italiana) e a sinistra quello dei Della Corte. Si noti il "filetto" che separa la colomba dal monte, separazione presente che appare anche su uno stemma moderno posto su di una vetrata e da me fotografato in Via Cattaneo (credo) (foto 2), e al contrario di ciò che appare nell'elemento araldico sempre fotografato da me nel medesimo palazzo (foto 3). Le foto dei disegni sono tratte dal già citato "Le famiglie del Patriziato" del Monti Della Corte.

giovedì 3 luglio 2014

Duomo di Seravezza (LU)
Copio l'immagine e riprendo il post recentemente inserito dall'amica Silvia Boldrini, nel Caffè Araldico (https://www.facebook.com/groups/211814768987383/) sicuro che non ne avrà a male. Il bello stemma da lei proposto (fig. 1) infatti permette di aprire una piccola disquisizione legata strettamente alla scienza del blasone, cioè alla descrizione in termini araldici delle armi. Più propriamente, esso permette di introdurre il concetto di "a mò di" che per la prima volta ho incontrato nel denso libretto "Uno storico dual...
ismo: l'araldica di Santa Severina tra arcivescovi e feudatari" (ad es. a pag. 13, stemma Berlingeri) di Maurizio Carlo Alberto Gorra, che quindi è anche l'inventore di questa nuova locuzione blasonica. In effetti, questo neologismo permette di risolvere un problema che gli stemmi del tipo di quello qui in foto pongono e cioè: è vero che la pezza posta "a cavallo" ("attraversante") della partizione, cioè della divisione del campo in -nel caso proposto- azzurro e oro non è una fascia (quindi orizzontale; fig. 2), ma è vero pure che essa è assai più "abbassata" verso l'orizzontale rispetto ad una normale banda (fig.3), e conseguentemente anche la partizione che essa finisce per dettare non è certo un troncato (cioè la divisione del campo in senso orizzontale; fig. 4)), ma è "meno" di un trinciato (fig. 5), che dovrebbe seguire invece la diagonale dello scudo. La geniale ideazione del termine "a mo' di" risolve a nostro avviso il problema. Nella fattispecie qui ci troviamo di fronte ad una "banda a mo' di fascia" e a un "trinciato a mo' di troncato". In tre fasi separate inserisco qui sotto, dopo le foto, altrettanti miei tentativi di blasone, riveduti e corretti dallo stesso Maurizio C. A. Gorra, ideati alla luce di quanto detto sopra. Il mio preferito è il primo e in un quarto commento illustrerò pure le mie personalissime ragioni di questa scelta. Non sono previsti premi per chi sia arrivato sin qui e per chi voglia leggere i commenti di cui sopra.












 

trinciato a mo' di troncato da una banda a mo' di fascia d'argento; nel 1° d'azzurro, a tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro; nel 2° dello stesso, al monte all'italiana di tre cime di nero.
 
trinciato a mo' di troncato: nel 1° d'azzurro, a tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro; nel 2° dello stesso, al monte all'italiana di tre cime di nero. Alla banda a mo' di fascia d'argento, attraversante sulla partizione
 
trinciato a mo' di troncato d'azzurro e d'oro, alla banda a mo' di fascia attraversante d'argento, accompagnata in capo da tre stelle male ordinate di cinque raggi d'oro, e in punta da un monte all'italiana di tre cime di nero.
 
 
Come promesso: mi piacciono di più l'1) e il 2) e tra questi l'1) per l'originalità di ...dire subito da cosa è trinciato lo stemma e la conseguente introduzione del "da" (che spiega appunto il "da cosa è trinciato"). Questo blasone evita secondo me di dover "tornare" alla fascia, in fine di descrizione, allorquando si deve spiegare che essa attraversa e dove attraversa (vedi blasone 2). La cosa è bensì scongiurata anche con il blasone 3) ma in esso si deve ricorrere alla locuzione accompagnata che mi pare (ma dico mi pare eh) tolga un po' di "dignità" alle altre figure, restituendone forse troppa alla pezza centrale che invece non è l'assoluta protagonista dello stemma, cosa che secondo me invece sarebbe stata in un campo pieno e non spezzato in due smalti. Qui invece proprio il gioco dei suddetti smalti del "trinciato a mo' di troncato" è parimenti importante e ciascuna figura presente nelle due sezioni così formate (quindi le stelle e il monte), vive pertanto di vita propria, per così dire, e non da semplice accompagnatrice di bande (che non è termine musicale...) .