sabato 30 novembre 2013

Di solito si dice "ultima fatica", ma la vera fatica è quando non scrivi. E' solo il frutto maturato in novanta pagine circa di quasi duecento ore al pc e cinquanta di lavoro in archivi. E' frutto anche dell'opera di tutti quelli che mi hanno aiutato e consigliato. E' la storia dello stemma di Idro. Non mi va di dire "vera", ma diciamo quella che i documenti mi hanno restituito e quella che nasce dal mio grado di comprensione dei medesimi. Non mi va di dire "vera", ma di certo posso dire che non sia inventata.

venerdì 22 novembre 2013

BRESCIA- FRANCIACORTA- CAZZAGO SAN MARTINO (BS)- STEMMA DEI CAZZAGO

La piccola chiesa di Santa Giulia in Cazzago San Martino, nella Franciacorta bresciana, vanta esistenza praticamente millenaria. La sua storia è legata a doppio filo a quella dell'abbazia di Cluny e la sua intitolazione non può non richiamare alla mente quella del grande monastero dei S.S. Giulia e Salvatore in Brescia. I De Cazago ne figurano come "patroni" già dal 1313. E fu nel XVIII secolo che l'ultima discendente di quel ramo confluì nella famiglia dei Conti Bettoni e da allora S. Giulia appartiene a questi ultimi. Proprio la Contessa Bettoni nel 2006 si operò perché la chiesetta fosse inserita nella Federazione Europea dei siti cluniacensi. Quando io ho eseguito queste foto, la piccola cella ne faceva ancora parte (23 Luglio 2013) come testimonia il cartello. E' del 3 Settembre di quest'anno la notizia che il Consiglio Comunale, data l'inagibilità dell'edificio destinata a perdurare e a non essere sanata in tempi brevi (nonché iniziata tre anni fa), ha deciso di estrometterlo da tale circuito ritenendo la cosa "superflua" a causa della suddetta inagibilità. Una breve storia della chiesa si può trovare qui:http://www.fondoambiente.it/upload/oggetti/Cappella_Bettoni_Cazzago.pdf

I Cazzago, come detto ora confluiti nei Bettoni, sono una delle famiglie bresciane più antiche e potenti. Di loro si scorgono le origini già nell'XI secolo e si sa che fossero legati all'imperatore tramite vincoli feudali. Nobili rurali figurano ovviamente nella Matricola Malatestiana del 1406 e tra i firmatari del patto con Venezia del 1426 (con Cazzaghino Cazzago). Ovviamente furono patrizi bresciani prima della "Serrata" del 1488, figurano ancora nel Libro d'Oro della nobiltà bresciana, nei "processi di nobiltà" del 1608-1620 raccolti dal Gelmini, nel "Catastico dei fuochi delle famiglie nobili di Giovanni da Lezze (1609-10. Oltre che ovviamente in Cazzago, in questo testo sono segnalati in persona del Kav. Cazzago in Città, nella Quadra prima de S. Alessandro, parrocchia di S. Alessandro) e nelle "Casate Bressane" di Pandolfo Nassino ("Cazagi"). 

Lo stemma è assai particolare: d'azzurro, ad una stella di otto raggi circondata da altrettante stelle più piccole*, pure di otto raggi, e caricata in cuore da un leone con testa e collo in forma di giglio, d'argento collarinato di verde. Si accettano ovviamente blasoni migliori. 
* oppure: ...stella di otto raggi, alternati da altrettante stelle più piccole, ecc...

Vi sono differenze formali non di poco conto. Innanzitutto il leone. Gli stemmari lo riportano tutti d'azzurro, cioè "del campo". Non ci pare depigmentazione (né che il collare sia un residuo dell'azzurro originario), ma lascio questa come mia ipotesi. Secondariamente, il numero dei raggi delle stelle. Solitamente non pongo troppo peso a questo particolare, assai fluttuante. E' solo che in questo caso il numero dei raggi della stella-madre determina anche il numero delle stelline, il ché ha un altro peso. Nell'esemplare da me fotografato sono otto raggi e otto stelline di otto raggi(tuttootto). Il Della Corte (Famiglie, cit.) lo riporta (e lo blasona) con una stella di sei raggi e altrettante stelline con altrettanti raggi (tuttosei), mentre il Da Ponte (Ms. FVIII8, Bibl. Civica Queriniana, BShttp://queriniana.comune.brescia.it/ ) prende una via di mezzo: stella centrale a otto raggi, e otto stelline ma con sei raggi! Ma dello stemma dei Cazzago riparlerò nella parte due chiedendo, a chi vorrà darla, un'opinione su esemplare rinvenuto in un libro e per me (ma questo conta poco) di assai incerta attribuzione.

AGGIUNTA IMPORTANTE: IL GELMINI, NEL SUO DESCRIZIONI DI ARMI GENTILIZIE BRESCIANE (Ms. EVIII2, Bibl. Civica Queriniana, BS http://queriniana.comune.brescia.it/ ) coevo dello stemmario Da Ponte di cui abbiamo postato l'arma Cazzago) DA' STEMMA DIVERSO: "La famiglia Cazaghi porta d'azzurro con 5 stelle d'oro una, due e due, et una nel mezzo grande, sormontata da un giglio dello stesso metallo. 
QUINDI QUI PARREBBE CI FOSSE UNA STELLA ASIMMETRICAMENTE CIRCONDATA DA 5 STELLINE CON CARICATA (SE IL "SORMONTATA" QUI VOGLIA DIRE QUELLO E NON GIA' UNA FIGURA POSTA AL DI SOPRA DELLA STELLA MEDESIMA) DA UN SEMPLICE GIGLIO, TRA L'ALTRO D'ORO COME LA STELLA, COSA CHE FA PENSARE CHE IL "SORMONTATA" SIA UTILIZZATO IN MANIERA CORRETTA PER INDICARE UNA FIGURA SOPRA (NEL SENSO DI "PIU' IN ALTO") E NON SOVRAPPOSTA (difficile sovrapporre due figure dello stesso smalto, senza almeno bordarne una con altro smalto).















giovedì 21 novembre 2013

Entro domani dovrei postare qualcos'altro sulla Franciacorta. Alcune delle centoventimila (eh dài si fa per dire) foto di San Miniato/Pisa le inserirò subito dopo. Grazie a tutti.

martedì 19 novembre 2013

Ringrazio di cuore chi ha reso possibile il Convegno di San Miniato (Pi). La stupenda carrellata di stemmi relativi al Cigoli illustrata da Michele Fiaschi(una vera storia dell'artista in stemmi. Senza dimenticare la pregevole fattura dei pannelli); i-come al solito- magici "fili rossi" di Maurizio Carlo Alberto Gorra, che stavolta ci hanno condotto a cavallo di oceani e continenti tra l'araldica degli artisti, dicendoci che gli stemmi non sono solo belli, ma ci parlano, con cuore e logica; la pregevole scrupolosità e precisione di Laura Cirri che ci ha condotti all'inseguimento della croce Stefaniana all'interno della dinastia medicea, evidenziando alti e bassi del relativo uso araldico (davvero una chicca); la breve ma esauriente conclusione di Raffaele -l'infaticabile- Coppola; e la giornata seguente tra le meraviglie "stefaniane" e non, di Pisa.... Mai nove ore di auto su trentasei furono spese meglio. Davvero un peccato non poter rivedere e riascoltare più spesso persone così. Grazie a tutti.

giovedì 14 novembre 2013

QUANDO UNA "LINEA" FA LA DIFFERENZA. GLI STEMMI DEI GANDINI A BORNATO (Franciacorta-Bs)

Anche nella mia modesta esperienza, trovarsi di fronte ad uno stemma acromo, senza epigrafi o altro e la cui unica "pezza" sia una banda o una fascia, ecc. non è insolito (me ne è appena capitato uno se non ricordo male in S. Lorenzo a Brescia). A quel punto c'è poco da fantasticare: puoi anche far passare tutti gli stemmari della città in questione che vuoi ma la certezza di attribuzione viene meno. Infatti la composizione non ha caratteristiche particolari e il titolare di quello stemma potrebbe anche venire da Città, Provincia, Regione del tutto diversa da quella in cui ci si è imbattuti nel suo stemma... 
Ma alle volte un minimo particolare geometrico cambia tutto. Ovviamente per chi conosca già la storia generale della zona in cui è, tutto questo non avrà molto senso (infatti conoscerà anche, già da prima, famiglie e relative armi della medesima) ma per gli ignoranti full-optional tipo me sì che ne ha. A Bornato, quelle due semplici linee che si notano nella banda, sono meglio di una carta d'identità. Esse indicano infatti che tale banda è troncata e semipartita, quindi di tre smalti differenti. Il Della Corte (Le Famiglie del Patriziato Bresciano, cit.) ci indica gli smalti: campo argento, banda di rosso, d'azzurro e di verde e quindi: d'argento alla banda troncata semipartita di rosso, d'azzurro e di verde). Stesso discorso per l'altro stemma (stavolta dipinto, ma completamente depigmentato) da me fotografato. Si notino le linee presenti nella banda e (forse) le iniziali G P poste in alto. I Gandini erano presenti nel Libro d'Oro della Nobiltà Bresciana, nella Matricola Malatestiana del 1406-9 e tra i firmatari che stipularono il patto di unione con la Serenissima "giurato in Duomo nelle mani del Carmagnola il 6 di Ottobre 1426". Gandini erano inoltre presenti nel Catastico di G. da Lezze (1609), nei processi di nobiltà raccolti dal Gelmini (nel 1860 e relativi al periodo 1608-1620) e nelle "Casate Bressane" del Nassino che così ne dice: " veneno da Gandino locho bergamasco; lo cognome suo fo di Bizoni", di quali ne fo quatro fratelli che fecero li infrascritti casate; una volse si chiamasse di Bizoni et una Di Gandino , de quali è venuto li Gandini; da l'altro viene la casata di Canti perché quasi de continuo cantava"...Secondo l'autore la casa di Rusi (Di Rosa) venne da una donna, Rosa Buzoni.( Il Della Corte, da cui traggo per comodità la trascrizione del Nassino, riprende il medesimo: li vuole originari di Gandino (BG), trasferiti in Brescia nel 1271 e originanti le famiglie Gandini, De Canti, Buzzoni, Di Rosa. Li inserisce tra quelle già estinte prima del 1796). Oltre che dal Patriziato del Della Corte, le altre foto non originali provengono dai Ms della Biblioteca Civica Queriniana di Brescia del Gelmini e Della Corte (Ms -FVIII8-FVIII9 http://queriniana.comune.brescia.it/). Tutte e tre le riproduzioni inseriscono la linea corta presente nella banda (quella che determina il troncato) in maniera secondo me errata (fuori asse), al contrario invece di quella presente negli stemmi "originali" di Bornato.



A destra in secondo piano, il portale ove è lo stemma

lunedì 11 novembre 2013

Dal Caffè Araldico https://www.facebook.com/groups/211814768987383/ post di Silvia Boldrini.



...per iniziare la nuova settimana con quello che per me è un enigma, vi posto questa foto di uno stemma affrescato sullo Scalone delle Arme di Palazzo Arese Borromeo. Il primo e il quarto quarto dovrebbero essere lo stemma della famiglia Tolentino:):):)
Come sempre, ringrazio per eventuali suggerimenti.


giovedì 7 novembre 2013



  • Sono lieto di poter pubblicare la locandina del Convegno che si terrà a San Miniato (PI) dal 16 al 17/11/13 e al quale (salvo imprevisti) parteciperò sicuramente (come uditore ovvio!!!!)

martedì 5 novembre 2013

ARALDICA E DIALETTO PARTE 3 (altro esempio di ...non-bisanti)

E' strano, visto il titolo, che il dialetto stavolta non c'entri nulla. Ma era per richiamare il mio errore sull'aver frainteso le chizzole dei Chizzola con generici bisanti. Chi ha letto la "parte 2" ricorderà. Identica cosa stava accadendo in quel di Como il 22 di Giugno scorso, nella pausa del Convegno sullo Stemmario Carpani. Insieme a due esimi araldisti,  noi uditori stavamo ammirando le meraviglie araldiche appese alle pareti degli scaloni (se non erro Silvia Boldrini ne ha postato delle meravigliose immagini anche nel gruppo f.book "Il Caffè Araldico")
quando la nostra attenzione si è focalizzata su uno stemma con un castello avente una torre a destra e accompagnato nel cantone sinistro del capo da due ...bisanti? posti in fascia. Lo stemma era del XIV sec, ma ve n'era un altro poco sotto risalente al 1493, in cui i...bisanti erano bucherellati. L'istinto immediato è stato quello di pensare a bisanti d'oro (con il tratteggio a puntini indicante tale metallo, in stemmi acromi), ma subito la parte razionale prendeva il sopravvento ricordandomi che tali tratteggi fecero la loro comparsa assai assai dopo. Inoltre il...bucherellamento pareva troppo regolare. Ma comunque il verdetto sarebbe stato: "bisanti", se un opuscolo presente nella reception non ci avesse svelato l'arcano. Il cognome della famiglia rimandava a qualcosa di assai più gustoso della vile moneta: era stemma dei Crescenzago/De Cressenzano (l'opuscolo indicava il primo cognome per l'arma del 1493 e il secondo per l'arme del XIV secolo, ma è evidente che si tratta della stessa famiglia): l'arma parlante rimandava al cognome mettendo in bella mostra due splendide crescenze.


 Stemma del XIV sec.
Stemma del 1493

la mia tavola...

domenica 3 novembre 2013

ARALDICA E DIALETTO PARTE 1 e PARTE 2
Un argomento che mi affascina un bel po’, anche se ovviamente so solo darne accenni. Generalmente si è tutti concordi nel considerare la perdita del dialetto come perdita di un patrimonio culturale inestimabile e non sostituibile. Non è una frase fatta: come uno stemma irrimediabilmente rovinato dagli agenti atmosferici, dallo smog, dal tempo, non può più dirci nulla, in ambito di ricerca storica, delle analogie, dei particolari rivelatori, degli agganci, che al contrario avrebbero potuto palesarsi agli occhi dello studioso, se quest’ultimo fosse arrivato in tempo, così ogni volta che una parola dialettale viene pronunciata per l’ultima volta, si trascina via la sua storia, la sua origine, la sua derivazione e le sue “prove” storiche di una certa influenza, straniera, di una certa evoluzione linguistica e mille altre cose. Oggi anche chi, come me, parla dialetto, parla, tranne che in rari casi, una sorta di italiano ritradotto. Falegnàm, forchèta, pisèli, (sì, anche questo ho sentito), malinconia (tale e quale all’italiano, ma usata all’interno di frasi in dialetto) non sono certo il maringù, il perù, i roaiòcc e la belegòrnia, che solo quando ero piccolo io erano termini d’uso comune. Per non parlare dell’intero patrimonio di termini tecnici, faunistici ed afferenti ad altro che la morte del mondo rurale si è portata via. 
Credo che tra i tesori che il dialetto morente stia trascinando con sé nella tomba ci possa essere una buona fetta della completa comprensione di alcuni (molti? pochi? non lo so dire, io) stemmi. Tempo fa in un forum dedicato, ci si interrogò a lungo (e a me capitò di leggere l’intera discussione) se una tal figura in uno stemma fosse, un cane (se non erro si arrivò anche al leone), un “dolce” (un animale chimerico che si trova alcune volte nell’araldica di zona veneta e –mi si dice- anche dalmata) o altro. La famiglia si chiamava Zane. Ci vollero un famoso araldista e un esperto in ambito linguistico per rivelare che un tempo la volpe era chiamata “zana” (nozione che recava poi profonde implicazioni sull’utilizzo del nome “Gianna”, “Giovanna”, ecc., ecc.) e che quindi la famiglia Zane si era scelta un’arma “parlante” del tutto comprensibile ai contemporanei, comprensibile sino ad una certa data ai compilatori di stemmari, tanto che non parve loro certo necessario specificare in qualche maniera si trattasse di una “zana” e che cosa volesse dire tal nome (cioè “volpe”, abbiamo visto), e del tutto incomprensibile alle persone comuni di epoche successive. Ovviamente tale incomprensione ha portato (o comunque può sempre portare) ad una “spersonalizzazione” della figura araldica implicata. Se so che sto rappresentando una volpe, agirò in un certo modo; se non so quale animale stia riproducendo, o se ipotizzo sia un cane, mi comporterò diversamente, e il compilatore successivo che eventualmente tragga spunto dalla mia opera, non farà che copiare ciò che io ho creduto fosse corretto, perpetrando e rendendo perpetuo il fraintendimento. Un cane, quindi. Con tanti saluti alla ormai incomprensibile zana/volpe. 
Poco tempo fa la mia ignoranza araldica mi ha dato prova diretta di come tale comportamento sia facile a prodursi, e della cosa intendo raccontare.
Ma questo fa parte… della seconda parte .


ARALDICA E DIALETTO PARTE 2
I “bisanti” dei Chizzola.
Lo so non ci faccio una gran figura, ma nessuno è nato imparato ed io, nonostante la vetusta età sono ai primi passi praticamente in tutto. Un lattante di quarantotto anni. Mettetelo in premessa per ogni cosa che scrivo così voi non vi scandalizzerete ed io non dovrò più ripeterlo (ma lo ripeterò, ne sono certo).
Partiamo dall’inizio: per bisante in araldica si intende una pezza circolare di piccole dimensioni, di  metallo (quindi di smalto oro o argento, “giallo” e “bianco” in pratica) o raramente di pelliccia (vaio, ermellino). Per “torta” si intende la stessa cosa, solo smaltata di colore e non di metallo (rosso, verde, azzurro, porpora, nero). Ci sono altre pezze “intermedie” ma non è il caso di dilungarsi trattandone qui.
Quando in Erbusco mi si presentò di fronte un bello stemma dei Chizzola, sulla facciata del Palazzo un tempo di tale famiglia e ora Marchetti di Montestrutto, il blasone risultò facile pure per me: Troncato*; d’oro all’aquila al volo abbassato di nero;  di rosso a tre bisanti d’argento. (*nell’esemplare da me visto non si può parlare di capo dell’Impero, capo che, in epoca tarda, una volta smarritone il riferimento politico, diventava spesso, per l’appunto un troncato, come efficacemente chiarito anche dal Foppoli).


Soltanto dopo un po’ di tempo mi accorsi nel leggere un testo, che nella foto in esso contenuto i bisanti non erano affatto tali. Somigliavano più a focacce. Nel “Patriziato” del Della Corte (cit.) trovai infatti che esse erano chiamate “stiacciate”. Lì per lì non capii il collegamento, sino a ché lessi come in dialetto esse fossero chiamate “chizzole”. Un po’ strano, dire che in dialetto una parola fosse pronunciata in …italiano!!  Secondo me a distrarmi inizialmente è stata la leggendaria “esse” aspirata bresciana, che un noto iper-esperto che abita a pochi chilometri da me vuole essere caratteristica della parlata originaria di tutto o quasi il territorio,  caratteristica che oggi invece sopravvive relegata in qualche valle montana.
Immaginai che le focacce schiacciate in dialetto potessero essere chiamate “schisöle” (cosa poi confermata da http://www.memoriacollettivaclarense.it/storie/araldic)  con l’accento sulla o, oltre che la dieresi;  e quindi aspirando la “S” : ‘chisöle. Il passo da tale termine ai ‘Chisöla/Chizzola si fa assai più breve di prima. Se poi la focaccia sia finita nello stemma per mera assonanza al cognome già consolidato o se in qualche modo tale cognome sia da far risalire a arcaicissima professione iniziale di tale famiglia (insomma: se sia nata prima la focaccia o il cognome, o viceversa…) non mi è dato sapere.
Qui aggiungo che i Chizzola, secondo il Della Corte, sono antichissimi nobili rurali, già attestati nella Matricola Malatestiana del 1406, con capostipite un Mafeo d Chizolis “doctor e miles” già Podestà di Genova e altre città, morto nel 1318, sepolto nel chiostro di San Domenico in Brescia. Ovviamente erano patrizi originari membri del Consiglio già prima della “serrata” in senso aristocratico del 1488. Ramo di questa famiglia usò “dividere il capo”, aggiungendo a sinistra il leone di S. Marco, d’oro. Non chiarisce lo smalto del campo. Lo fa il Fè d’Ostiani nel suo “elenco storico dei patrizi di Brescia”: d’azzurro. Anche lui cita le schiacciate “volgarmente dette chizzole”.  Nel già citato http://www.memoriacollettivaclarense.it/storie/araldic si chiarisce che tale focaccia è dolce, con un piccolo buco al centro. Conoscendo questa particolarità ho voluto ingrandire la mia foto di Erbusco e in realtà sono così riuscito a notare dei microscopici forellini al centro. Inoltre, grazie a questo chiarimento si può asserire che il disegno (non colorato) contenuto nel Gelmini FVIII7 (Querianiana)sia il più corretto.



Curiosamente, nell’altro Ms Gelmini (FVIII9 Queriniana) le “chizzole” diventano assai simili a quelle da me immortalate in Erbusco, con dei forellini microscopici centrali, tanto da farmi supporre che il medesimo artista abbia tratto i suoi disegni da esemplari originali diversi (il secondo potrebbe proprio essere quello erbuschese).



Il Da Ponte dal canto suo, non si cura di stiacciate e fori e rende lo stemma con qualcosa che ricorda palle più che bisanti, data l’ombreggiatura. Ciò dimostra che anche qualcun altro oltre a me ignorasse la vera origine parlante dello stemma?


 Il Della Corte invece, vuol evidenziare che non si tratta di bisanti ma di qualcos’altro, munendo il suo disegnino di tratteggi casuali.  



NB: poiché ho notato che f.book non rispetta l’ordine di inserimento foto, la didascalia delle medesime sarà posta in un commento qui sotto, una volta che io abbia verificato l’effettiva disposizione delle foto stesse (da questo punto di vista la visione nel blog risulterà più ordinata e chiara www.bianchetti-araldica.blogspot.it).  Foto mie eseguite in Erbusco e  tratte da "Il patriziato bresciano" di A. A. Monti della Corte e dai Ms. FVIII 7-8-9 della Biblioteca Civica Queriniana http://queriniana.comune.brescia.it


nb: il particolare delle focacce dolci con foro centrale l'ho appreso durante la stesura di questo post. Prima ritenevo che le focacce in questione  potessero assomigliare più a ...una cosa così: